Ogni volta che entro in un’aula a parlare di budget aziendale in poche ore, mi sento tirata da due forze contrarie: la prima mi spinge a parlare del budget in termini economici e strumentali, la seconda mi orienta a parlare di budget come traduzione di obiettivi aziendali in comportamenti individuali.
Chiaramente esiste un programma, spesso però, i partecipanti non lo leggono e ognuno di loro si aspetta qualcosa di diverso.
Così, a seconda del feedback che percepisco dal pubblico alle prime battute, dò più spazio all’uno o all’altro orientamento.
Devo dire che il passaggio dal calcolo del Break Even Point o dei fabbisogni di materie prime dalla distinte basi alle teorie sulla motivazione non mi è sempre automatico, e, forse, creo qualche sconcerto fra le persone, ma davvero non credo abbia alcun senso affrontare un argomento centrale per il governo aziendale solo dal punto di vista economico-finanziario.
Nella mia esperienza di consulente, infatti, inserire in azienda un sistema di budget non è mai stato un problema “tecnico” (quali modelli, quali procedure, quale software) ma, spesso, ho incontrato resistenze dovute a problematiche riguardanti il clima e la cultura organizzativa, il livello di motivazione e di competenze.
Che occorra più psicologia e meno economia?