Il budget aziendale

Ogni volta che entro in un’aula a parlare di budget aziendale in poche ore, mi sento tirata da due forze contrarie: la prima mi spinge a parlare del budget in termini economici e strumentali, la seconda mi orienta a parlare di budget come traduzione di obiettivi aziendali in comportamenti individuali.

Chiaramente esiste un programma, spesso però, i partecipanti non lo leggono e ognuno di loro si aspetta qualcosa di diverso.

Così, a seconda del feedback che percepisco dal pubblico alle prime battute, dò più spazio all’uno o all’altro orientamento.

Devo dire che il passaggio dal calcolo del Break Even Point o dei fabbisogni di materie prime dalla distinte basi alle teorie sulla motivazione non mi è sempre automatico,  e, forse, creo qualche sconcerto fra le persone, ma davvero non credo abbia alcun senso affrontare un argomento centrale per il governo aziendale solo dal punto di vista economico-finanziario.

Nella mia esperienza di consulente, infatti, inserire in azienda un sistema di budget non è mai stato un problema “tecnico” (quali modelli, quali procedure, quale software) ma, spesso, ho incontrato resistenze dovute a problematiche riguardanti il clima e la cultura organizzativa, il livello di motivazione e di competenze.

Che occorra più psicologia e meno economia?

 

 

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Sviluppo dell’imprenditorialità

A proposito dello sviluppo dell’imprenditorialità giovanile, quanto mai necessaria in questi tempi, allego un link ad alcuni interessanti video-stimoli

http://www.officinadelcambiamento.ilsole24ore.com/videolezioni.html

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Il capo reparto: figura strategica – Corso di formazione

Il prossimo marted’ 9 ottobre farò il primo intervento al Corso per Capi reparto organizzato da ANIS di San Marino, percorso di formazione sugli aspetti organizzativi e di relazione di questo importante ruolo, che mi vede docente insieme al Dott. Stefano Pasqui.

Allego l’intervista al Dott. Pasqui rilasciata a Fixing il 29 settembre, che mette in rilievo alcuni requisiti che un buon capo reparto deve avere per svolgere al meglio i propri compiti e che fanno parte dei temi del percorso formativo.

Pagine da Fixing_36_2012

 

 

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La formazione outdoor

La formazione outdoor comprende una serie di attività svolte all’aria aperta a fini didattici, al fine di sviluppare determinati comportamenti dei partecipanti sotto la conduzione di uno o più trainer appositamente preparati.

La formazione tradizionale vede la propria efficacia ridotta da alcuni limiti quali la difficoltà di trasferire sul lavoro le conoscenze apprese in formazione da parte dei partecipanti, e la sottovalutazione della componente emotiva e di sperimentazione diretta, importanti conduttori dell’apprendimento. Infatti, la tradizionale formazione in aula risulta spesso noiosa, pre-confezionata e lontana dalle esperienze quotidiane che le persone vivono sul loro lavoro.

Tali limiti possono essere ovviati tramite la formazione outdoor, che pone i partecipanti di fronte a una serie di compiti da svolgere o di problemi da risolvere mediante l’azione diretta,  promuovendo il coinvolgimento personale, facendo quindi riflettere i partecipanti stessi sulle modalità operative impiegate e sui risultati raggiunti.

I benefici di questa modalità formativa sono molteplici e possono riguardare, ad esempio:

-       un aumento della coesione del gruppo che partecipa alla formazione

-       un incremento del livello di fiducia interpersonale

-       un miglioramento delle dinamiche di competizione-collaborazione

-        un incremento della velocità di adattamento e della flessibilità di fronte ai cambiamenti.

Perché i benefici siano raggiunti è necessario predisporre alcuni momenti di riflessione, da realizzare sia prima di un’attività sia alla sua conclusione, al fine di:

-       esplicitare l’obiettivo dell’attività e la sua connessione con aspetti della vita lavorativa

-       raccogliere impressioni ed opinioni dei partecipanti sulle difficoltà incontrate, sulle emozioni provate e sulle modalità d’azione seguite.

Naturalmente, questo tipo di formazione deve essere condotta da esperti che garantiscano sia l’utilizzo di metafore adeguate a far capire il legame fra attività e comportamento sul lavoro, sia la corretta gestione delle particolari dinamiche interpersonali che si formano all’interno del gruppo in  formazione.

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Le riunioni in azienda

A volte se ne fanno troppe, a volte non se ne fanno proprio.

Ma perché è importarsi riunirsi in azienda? A questa domanda rispondo solitamente così:

come si fa a coordinare le varie parti dell’azienda o, meglio, l’agire organizzativo, in presenza di continui cambiamenti di prodotti, mercati, condizioni?

Se producessimo prodotti/servizi standardizzati immessi in mercati ben definiti, basterebbero le procedure a regolare i processi, con qua e là qualche responsabile a gestire le eccezioni.

Ma oramai la standardizzazione è un’utopia di qualche responsabile di produzione un po’ datato; oggi quasi ogni ordine richiede una qualche variazione e, di conseguenza, una necessità di regolazione dei processi aziendali.

Sì, certo, la tecnologia informatica è di grande aiuto nel trasmettere le informazioni aggiornate ai vari operatori ma non è sufficiente a gestire le eccezioni, o innovazioni, richieste dai clienti e, a cascata, alle varie funzioni aziendali.

I responsabili non hanno le competenze o il potere per agire trasversalmente (cioè non possono sconfinare in un’altra funzione) così è necessario inserire in azienda un sistema di riunioni, importante meccanismo di integrazione organizzativa. Sistema perché non esiste un solo tipo di riunione ma diversi tipi in funzione delle parti che si vogliono integrare (es: riunione infrafunzionale, fra responsabili, direzionale, ….)

Quante farne, con quali membri, come condurle sono temi importanti che richiedono qualche conoscenza organizzativa e di dinamica dei gruppi.

Allego una breve presentazione sulla gestione delle riunioni per stimolare qualche riflessione. Chi volesse commentare, criticare, integrare i contenuti indicati è il benvenuto!

Gestione riunioni

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